Affrontare se stessi può essere doloroso. Io, ad esempio (e lo dico con serena accettazione), a un certo punto della mia vita ho raggiunto la consapevolezza che mi trovavo in una situazione professionale magnifica ma non realmente corrispondente a quel che io “realmente” desideravo.
Il mio corpo (tutto me stesso) continuava a restituirmi condizioni di #stress che non comprendevo; tutto sommato ero in una situazione invidiabile e stavo svolgendo il lavoro che avevo sempre sognato. A un certo punto, ho capito che stavo vivendo e realizzando le aspettative dei miei genitori. Le loro, non le mie.
Ero solo apparentemente felice. Il mio corpo lo sapeva e mi ha reso consapevole della “deviazione”, bloccandomi dapprima il braccio destro con una sorta di infiammazione che dalla base del collo si spandeva fino alla mano. Poi sono addirittura giunto a sindromi di auto-soffocamento.
È stato a quel punto che, nonostante il successo professionale, mi sono “affrontato” e ristabilito un principio di priorità. La mia era sfrondare le velleità ed essere finalmente ciò che io sentivo essere il principio della mia felicità: lavorare con i bambini. Così è stato, ed è tutt’ora.
Essere autentici è solo il primo passo, perché una volta riconosciuta la “nostra nuova direzione”, serve solidificare le percezioni e le riflessioni attraverso un “percorso affettivo” che ci prenda per mano e ci porti a prenderci cura di noi stessi.
Le mode del momento enfatizzano l’espressione “amare se stessi”. Io, onestamente, prendo le distanze da questo obiettivo perché ravviso una fonte di egoismo che non fa bene a se stessi né agli altri. Serve, invece, prendersi cura di sé, e questo lo si fa ascoltandosi. Ascoltarsi significa giungere alla consapevolezza di sé: di quel che si è (fisicamente parlando), della qualità dei nostri pensieri, delle nostre leve interne e della qualità delle nostre nuove mete.
Molti mi chiedono come si faccia. La mia risposta è semplice: serve intenzionalità e tempo. Non parlo di ere geologiche, ma di assecondare il proprio bisogno di felicità evitando scorciatoie. Entrare in contatto con se stessi è un’esperienza meravigliosa: è un diverso “percepirsi”… è come sentire ogni muscolo del corpo, ogni respiro, ogni emozione, ogni battito del cuore, ogni energia che ci attraversa. È proprio a questo punto che si entra in relazione con l’ambiente.
Nell’atto di ascoltarsi e comprendersi, il corpo va alla ricerca inconsapevole di un “principio di armonia”… come un “qualcosa” che sia il punto di riferimento verso cui tendere.
Per capire cosa accade, serve modificare la percezione di se stessi; da “semplici” corpi a corpi dotati di energia. Per meglio dirla con le istanze della fisica quantistica, i nostri corpi sono forme di energia. L’energia dà forma alle cose. L’imprinting della vita è l’energia. Senza energia non esiste nulla.
Il nostro corpo è dunque un campo di energia o, meglio, un “Bio-campo”. Ognuno di noi, assimila, processa e genera energia. Non è un concetto astruso poiché questa energia è facilmente percepibile. Pensate a “l’impressione” che ricaviamo da una persona… sembra quasi che la sua presenza produca un’energia che a noi può, o non, piacerci.
Quello che accade in quei momenti è “fisicamente e quantisticamente” l’incontro tra due campi di energia che entrano l’uno nel raggio d’azione dell’altro, e questa energia è talmente forte da orientare il nostro piacere/dispiacere di avere quella persona vicina a noi.
Se è vero, e lo è, che il nostro principio di armonia si trova nell’ambiente e proprio con esso, con l’ambiente fisico, che dobbiamo relazionarci e dobbiamo farlo non obbligandolo a modificarsi in relazione a quello che serve a noi; siamo noi stavolta a doverci mettere sul suo “piano vibrazionale” della Terra. Dobbiamo quindi “ascoltare” ciò che ha dirci, ovvero ricevere l’imprinting energetico che lo contraddistingue: la Risonanza di #Schumann.
Se ne parla già tanto, fortunatamente, ma non tanto ancora. Essa è “l’impronta vibrazionale”: la musica, io suono, il diapason che permette la vita sul Nostro #Pianeta. Essa è fondamentale perché dà letteralmente il ritmo al nostro cuore e alle sue frequenze.
La Risonanza di Schumann è il principio armonico a cui occorre “ritornare”, a cui ri-sintonizzarsi per ripristinare il “passo” naturale delle nostre vite.
Allinearsi/sintonizzarsi sulle sue frequenze non ha un valore solo rispetto al #benessere fisico, ma coinvolge olisticamente tutto il nostro corpo e le sue dimensioni ontologiche (se proprio vogliamo suddividerle): il #corpo, la #mente, lo #spirito, l’#anima e infine la #coscienza.
Noi siamo tutto questo e lo siamo sottoforma di una straordinaria #energia che prende vita anche nei nostri pensieri. Sì, i pensieri. Essi sono pura forma di energia. Modifichiamo anche un singolo pensiero e tutto può davvero cambiare.
Non fraintendiamo, il pensiero non è solo il prodotto della mente o del cervello; esso è la forma “attiva” dell’energia che noi riusciamo a dirigere consapevolmente.
Impegnarsi a pensare in modo diverso è il primo cambiamento che farà la differenza ed anche il motore propulsivo che riusciamo a manovrare. Occorre persistenza e perseveranza.
Quando ci si allinea alla vita, all’ambiente, alla #natura, ai propri desideri… ci si risintonizza con il principio armonico… e tutto cambia. Non è un’illusione né auto-suggestione.
Il benessere, il vero benessere, comincia così; quando ci impegniamo a pensare che sia possibile… quando il pensiero ha un corrispondente autentico dentro di noi.
Se tutto corrisponde perfettamente alla nostra idea di ciò che siamo, vuol dire che siamo felici, che il benessere regna senza riserve e che il malessere non ha più motivo di esistere.
Un mondo di luce non ha ombre.
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