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MENTALISMO E VIRTUALISMO. IL CORPO INTERROTTO

Le società contemporanee sono basate e si evolvono su un eccessivo #mentalismo che sta corrodendo l’importanza della dimensione reale del #corpo, spingendoci a virtualizzare ogni cosa attorno a noi.


In questo scenario, al corpo spetta il triste primato di essere solo il contenitore: un involucro esterno da curare con un’estetica sempre più invasiva e non rispettosa dell’organismo.


Oltre ai confini del buon gusto (che ognuno di noi reputa insindacabili), ci sono altri nodi che convergono sul benessere del nostro corpo: l’#alimentazione, sempre più orientata al gusto che alla #nutrizione; i livelli di #inquinamento dell’ambiente fisico (acustico, elettromagnetico oltre agli altri più noti fattori); la qualità degli stili di vita.


In termini di inconscio collettivo, questo sbilanciamento viene avvertito “generalmente” in termini di ricerca di reale appagamento e, per converso, in costante percezione di frustrazione o infelicità.

Nessuno oggi, anche chi pensa di essere ricco per esserlo, può dirsi felice; c’è sempre qualcosa che sfugge. Questa sensazione proviene dal desiderio di rendere perfetta la nostra esistenza.


A livello di inconscio personale/individuale, invece, tutto si “traduce” in una chiara richiesta di attenzione del nostro “Io”. Lo trascuriamo ogni giorno, preferendo dare attenzione a mille altre cose. In questo, i nostri cinque sensi ci ingannano, illudendoci che ciò che cerchiamo veramente - e che può renderci felici - risieda “fuori” da noi, ovvero in ciò che si può assaggiare, toccare, udire, vedere, annusare.


Se fosse così basterebbe solo appagare i sensi e tutti saremmo felici e contenti, ma le cose non vanno affatto così… perché l’insoddisfazione ha un’origine “interna”. La risposta è quindi intuitivamente pronta: impariamo a guardarci dentro, a prendere un contatto reale con ciò che noi siamo e ciò che veramente vogliamo, a cercare la fonte della nostra felicità all’interno di noi.


Chi lo fa, sente immediatamente un sentimento di centratura: una chiara percezione di sé, qui e ora, accompagnata da un senso di straordinario potere. Il potere è quello di riuscire a viversi con linearità, ad andare nella direzione che il nostro “Io” sente e desidera. Questo è anche il potere della “leggerezza”: se noi siamo qui ed oggi, il passato è solo il ricordo di ciò che eravamo e che non c’è più. Un fardello inutile.


Ogni giorno della nostra #vita noi possiamo decidere di noi e del nostro immediato futuro, compiere le scelte migliori e gioire dei nostri risultati. Risultati che sono i “nostri” risultati; sono ciò che abbiamo voluto e solo noi ne siamo stati protagonisti.


Quando si vive con il “locus of control interno”, tutte le decisioni e le responsabilità sono nostre… così anche i successi e i fallimenti. Imparare ad “esserci” è una grande cura per l’anima, perché ella sa di poter curare se stessa senza apporti o condizioni esterne. Quest’ultime ci saranno sempre, ma sopravvalutare la loro forza/influenza ci abitua a pensare che noi non potremo mai decidere della nostra vita. Non è così.


La capacità di autodeterminarsi significa che, mettendo al bando le variabili esterne, noi riusciamo a guidare la nostra #esistenza verso il miglior concetto di vita possibile. Il senso di protagonismo e di potere ci renderà felici.


Cosa serve, per cominciare? Serve #tempo! Serve il tempo per sé. Molti pensano di non averlo, ma noi tutti lo sappiamo che si tratta solo di un misero alibi. E dunque, cominciamo la nostra nuova vita!

Noi siamo quello che facciamo. Il fare implica intenzione e volontà.




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